Cultura

No alla camorra, colpevole della “Terra dei Fuochi”!!!

Un evento o l’ennesima grandissima presa per i fondelli, fatta tra l’altro con lo sfruttamento demagogico e populista della “Terra dei Fuochi”?

Quel che è certo è che gratuito non è!

Naturalmente non si pagherà il biglietto di ingresso ( …e ci mancherebbe pure!), ma quel concerto (…e non solo!) è finanziato profumatamente, oltre che dagli sponsor, anche e soprattutto con denaro pubblico (…quindi con soldi che appartengono alla comunità, anche a Voi che state leggendo quest’articolo…).

Stiamo parlando del concerto di Gigi D’Alessio dinanzi alla Reggia di Caserta.

E la storia parte da lontano, esattamente dal 22 dicembre del 2014 quando a Marcianise “Sviluppo Campania” (società per azioni interamente controllata dalla Regione Campania – allora guidata da Stefano Caldoro – il cui amministratore delegato è Alessandro Gargani, figlio dell’irpino Giuseppe Gargani, democristiano di lungo corso, nonché europarlamentare dell’Udc) conferisce un incarico (protocollato col numero 1006 da Sviluppo Campania a firma dell’amministratore delegato) ad una società, la Music Life srl, nata nel 2013 con capitale sociale deliberato in 10mila euro e sede operativa a Roma in Largo dell’Olgiata (non molto distante dalla residenza di Gigi D’Alessio) ed una sede secondaria in viale Carlo III a San Nicola la Strada.

La Music Life srl è la società – guidata da Mario Calabrese (amministratore unico col 51%) e Francesco Antonio Albo (49%) – che detiene in esclusiva i diritti di immagine di Gigi D’Alessio e della compagna, Anna Tatangelo.

In base a quell’accordo si parte con il famigerato concerto di capodanno a Piazza Plebiscito a Napoli dello scorso 31 dicembre 2014 e si arriva al concerto del 6 settembre 2015 a Caserta, dinanzi alla Reggia, ove sarà presentato il brano “MalaTerra“, trampolino di lancio di un tour.

Si parte cioè da circa 700mila euro – soldi che la Regione Campania prende dal Piano Azione e Coesione III dal titolo «Terra dei fuochi, Fondo per la realizzazione di misure anticicliche e la salvaguardia dell’occupazione da favore delle imprese – Piano di azione e Coesione. Terza e ultima riprogrammazione»  ovvero un fondo comunitario in questo caso ideato per accelerare l’attuazione della programmazione 2007-2013 – fino ad arrivare ad un Tour (di cui Caserta è solo una “tappa”) i cui costi sono di oltre 2 milioni di euro.

In merito ci fermiamo qui, invitando però chi volesse approfondire a leggere la dettagliata e brillante inchiesta giornalistica realizzata dal collega Ciro Pellegrino e pubblicata in tempi non sospetti su Fanpage.it (http://napoli.fanpage.it/terra-dei-fuochi-gigi-d-alessio-regione-campania/).

Quel che fa male è che sia affidata una presunta invettiva contro la “Terra dei Fuochi” proprio a coloro che sono indicati come “menestrelli della Camorrra”, cioè proprio a quell’antistato che ha rovinato, con i suoi sporchi traffici illeciti da miliardi di euro, le nostre terre e causato migliaia di morti e danni incalcolabili all’economia del territorio, oltre che di immagine. E’ come se, in altre parole, alle imprese della camorra fosse affidata l’opera di bonifica e  risanamento delle nostre terre che la stessa camorra ha inquinato ed avvelenato.

Ma nel caso specifico – si badi bene! – c’è addirittura un’aggravante: la presunta invettiva cioè contro la “Terra dei Fuochi” non è contro chi ci ha e ci sta avvelenando, bensì è un’invettiva all’incontrario che tende cioè a negare l’esistenza del fenomeno criminale, a ridimensionarne drasticamente la sua enorme gravità, a far credere che si tratti di pochi casi isolati.

L’articolo di Enzo Ciaccio pubblicato su Lettera43.it (http://www.lettera43.it/cultura/napoli-legami-tra-cantanti-neomelodici-e-criminalita_43675108614.htm) è solo uno dei tanti che tende a chiarire come è nato e si sviluppa il rapporto tra i cantati neomelodici e la criminalità organizzata e come quest’ultima abbia intuito la possibilità di creare un ulteriore business che potesse, oltre che portare altro denaro – soprattutto pubblico – alle loro casse, anche contribuire a deformare la coscienza civile e sociale di una popolazione.

Oggi il concerto del D’Alessio a Caserta ha spaccato una città e la relativa collettività e la protesta sta facendo straboccare anche il più popolare Social Network.

Ma, al di là delle invettive tipo: “Il 6 settembre mi barrico in casa/lascio la città per 24 ore”; Quella faccia da…ipocrita di Gigi D’Alessio non può permettersi di cantare con quello splendore sullo sfondo!”; Visto che per lui “la Terra de Fuochi non esiste”… evitasse proprio di venire”. “Lo Stato non poteva scegliere testimonial più ideale per parlare di un argomento così delicato: una terra rovinata proprio da coloro che la rappresentano”, ecc. ecc. si sottolinea anche un aspetto sicuramente non secondario e cioè quello dell’invasione.

E già perché la protesta, che sta montando, sta preoccupando non poco gli stessi organizzatori sulla partecipazione al concerto al punto che, per evitare uno scarso pubblico, in queste ore stanno organizzando le cosiddette “truppe cammellate” per far sbarcare nel capoluogo un’orda di fans, reclutati soprattutto nella provincia di Napoli. Il che lascia davvero poco spazio all’immaginazione sulle conseguenze, sottolineate proprio su FB,  in modo un pò colorito, ma assai efficace, dal collega Giuseppe Frondella:

“- Invasione di mandrie di zulù: quanto un sabato sera qualsiasi sa offrire all’esterno della Flora, moltiplicato per 1000;

– Parcheggiatori abusivi (di nuovi, non quelli di Piazza Mercato o Piazza Vanvitelli) fin sopra la cascata della Reggia;

– Scritte sui muri con bombolette spray per indirizzare la gente verso parcheggi improvvisati o “luoghi” di ristoro;

– Venditori di bevande e camioncini di panini senza alcun criterio: nella giungla vige la legge del più forte;

– Puzza di piscio e spazzatura in ogni angolo dei Campetti (più di quanto questa città è capace di offrire di solito),

il tutto condito da quella solita battuta all’ingresso sul palco… “domani prenderò il caffè senza zucchero, pecché tutt‘o doce me l’at’ rat vui stasera “… ciao Napoliiii…. ed il 70% dei casertani ne andrà anche fiero…”

Siamo convinti che, in merito, l’organizzazione si affannerà a far sapere che gli eventuali danni saranno ovviamente a loro carico (…almeno ce lo auguriamo altrimenti la collettività casertana, oltre a pagare in modo assai salato il danno, subirà anche la beffa…), ma ci chiediamo perché sottoporre un patrimonio mondiale a tale rischio, considerato poi che proprio piazza Carlo III è stato oggetto di interventi “pubblici” di risistemazione costati fior di quattrini.

Cui prodest?

Perché, per generare lavoro – e veniamo qui ad una delle osservazione apparentemente più stupide, ma, proprio per questo, di fatto più pericolose in quanto infide! – per coloro che si occupano di spettacoli di piazza, non si possano creare ben altri eventi, questi sì di alto spessore culturale e sociale, non collegati a tali degenerazioni?

Nel rispetto profondo che una collettività giustamente ha verso coloro che combattono la criminialità organizzata (in primis, i tutori dell’ordine che in questa quotidiana lotta hanno anche sacrificato e sacrificano la vita di centinaia e centinaia di loro colleghi…), non è possibile far passare il concetto deviato che le attività della camorra e/o in odore di essa o da essa controllate, direttamente o indirettamente, generano comunque lavoro per cui siano per questo motivo da “osannare”. A questi “ipocriti furbetti” ci piace ricordare ciò che ha recentemente ribadito, nella sua omelia su “Pane pulito e pane sporco”, Papa Francesco (…che certo non può essere additato come il solito radical-chic che diffonde un pò della sua nauseabonda puzza sotto il suo sporco naso): «Dio ci ha comandato: portare il pane a casa con il nostro lavoro onesto!».

In questo contesto, che travalica di gran lunga quindi un semplice evento di spettacolo, ha destato scalpore ciò che ha avuto il coraggio di fare il giovane sindaco di Castel Volturno Dimitri Russo che ha vietato al comitato per la locale festa del Santo patrono l’esibizione di un cantante neomelodico di Giugliano che avrebbe dovuto tenere un concerto il prossimo lunedì nella piazza del municipio «Fin quando sarò sindaco di questa città – ha scritto Russo – nessun cantante neomelodico si esibirà in piazza».

Non è la negazione di un semplice evento ricreativo e/o di spettacolo.

Nei territori della camorra, che sono spazi territoriali, ma soprattutto sociali e simbolici, la musica e le canzoni dei neomelodici assumono la funzione di collante culturale finalizzato a costruire – afferma Amato Lamberti (http://www.ilmediano.it/aspx/visArticolo.aspx?id=16153) – identità individuale e collettiva. I simboli della camorra sono quindi elementi costitutivi dello stesso fenomeno, della sua identità, delle identità di chi lo incarna, lo rappresenta, lo rende socialmente vivo”.

Con il passare del tempo – ha scritto la criminologa Sabrina Vitiello  si è sottovalutato il substrato marcio della canzone neomelodica. L’aver considerato questi brani il prodotto di una subcultura da spazzatura, ridicola per le sue imperfezioni linguistiche, per il look “trappano”, per il business delle cerimonie, per i video un pò naif, ha fatto sottovalutare la possibilità che, dietro quegli abbracci circolari a tutta la fascia d’ascolto e gli auguri per una “presta guarigione” o una “presta libertà”, si potesse celare un messaggio culturale degenerativo. Sono fiorite decine di macchiette che trasformano i cantanti neomelodici ed i loro manager in un condensato di luoghi comuni che induce alla risata crassa piuttosto che ad una sottile riflessione sociale. Si insiste nel portare in scena la caricatura stereotipata del tamarro di periferia, volgarmente esilarante. La verità – conclude – è che si tratta di un atteggiamento del tutto sbagliato: l’esaltazione della canzone neomelodica equivale ad un’esaltazione della malavita napoletana. Non è certo questa la strada per combattere la criminalità organizzata ed inculcare nell’animo, soprattutto delle nuove generazioni, che la camorra non è lo Stato, ma solo un virus letale per l’intera società”.

(Vincenzo Gazzillo)

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