Santa Maria Capua Vetere

69 arresti tra politici, sindaci, imprenditori, funzionari pubblici e camorristi per appalti truccati in Campania

I militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di 69 persone (alla fine dell’articolo l’elenco di tutti gli arrestati) delle quali 30 sottoposte alla custodia cautelare in carcere, 36 poste agli arresti domiciliari, una sottoposta all’obbligo di presentazione quotidiana alla P.G. e due sottoposte alla misura dell’interdizione dai pubblici uffici per un anno.

I destinatari dei provvedimenti cautelari sono amministratori locali, funzionari pubblici, imprenditori, professori universitari, commercialisti, ingegneri e “faccendieri” i quali sono gravemente indiziati, a differente titolo, complessivamente di 13 reati di corruzione e di 15 reati di turbativa d’asta in relazione a procedure di appalto pubblcio espletate in varie province campane, in alcuni casi aggravati dalla finalità di agevolare l’organizzazione criminale di stampo camorristico denominata “Clan dei Casalesi” (gruppo Schiavone-Russo e gruppo Zagaria), nonchè, in tre casi, di partecipazione al Clan dei Casalesi e di concorso esterno nella suddetta associazione criminale.

Si tratta di un’operazione che rientra nell’ambito di una più ampia attività di indagine riguardante 18 affidamenti di lavori pubblci, gestiti da enti pubblici delle province di Napoli  (Mostra d’Oltremare, Comune di Casoria, Pompei, San Giorgio a Cremano, Istituito scolastico E. Medi di Cicciano), Caserta (Consorzio Sannio Alifano, A.Di.S.U. della Seconda Università degli Studi di Napoli, Comuni di Alife, Casapulla, Riardo, Francolise, Calvi Risorta e Rocca d’Evandro) e Benevento (Cerreto Sannita), destinatari di finanziamenti nazionali e comunitari. Sotto inchiesta anche l’appalto per un impianto di cremazione al cimitero di Pompei e per il nuovo museo archeologico di Alife.

Un “sistema” realizzato da parte di un gruppo di colletti bianchi in grado di incidere “in modo determinante” sull’aggiudicazione di gare d’appalto a favore di imprese predesignate riconducibili a personaggi del clan camorristico dei Casalesi.

L’indagine è condotta da un pool di cinque pm della Dda (D’Alessio, Giordano, Landolfi, Maresca e Sanseverino) e coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli.

Oltre che a Santa Maria Capua Vetere, gli appalti finiti nel mirino della Dda sono stati banditi per i comuni di Piedimonte Matese, Riardo, Casoria, Cicciano ed Alife e riguardano molti beni di interesse storico e archeologico.

In carcere è finito il politico Pasquale Sommese (a dx nella foto), consigliere regionale della Campania in quota Ncd ed ex assessore al Turismo, già indagato per la gestione di appalti sospetti. Secondo l’ipotesi accusatoria, si sarebbe prodigato per garantire il finanziamento per un appalto nel comune di Cicciano con fondi regionali di opere pubbliche progettate da un imprenditore a sua volta indagato. La contestazione per Sommese riguarda l’affidamento del servizio di direzione, misurazione e contabilità, assistenza al collaudo nonché coordinamento sicurezza in fase di esecuzione dei lavori e per l’affidamento delle opere inerenti l’intervento “Le Porte dei Parchi” a Francolise, Alife, Rocca d’Evandro e Calvi Risorta. Oltre che per Sommese, il gip ha disposto il carcere anche per suo fratello.

Sommese non è l’unico politico coinvolto: in carcere anche l’ex consigliere regionale Udc Angelo Giancarmine Consoli (nella foto a sn insieme a Sommese), attuale coordinatore del partito di Cesa e De Mita a Caserta.

In manette anche alcuni sindaci tra i quali i primi cittadini di Aversa Enrico De Cristofaro (indagato nella qualità di ex presidente dell’Ordine degli Architetti di Caserta), Riardo Nicola D’Ovidio, Pompei Claudio D’Alessio (Pd) e gli ex sindaci di Alife Giuseppe Avecone, di Casapulla Ferdinando Bosco e di San Giorgio a Cremano Domenico Giorgiano.

Tra i destinatari delle misure cautelari figura anche l’imprenditore A. Z., ritenuto legato al clan del boss Zagaria. Agli arresti inoltre Raffaele De Rosa (Pd), fratello dell’attuale sindaco di Casapesenna, comune in cui è nato e vissuto, trascorrendo parte della sua latitanza, il boss Michele Zagaria.

Tra le persone finite agli arresti domiciliari c’è Adele Campanelli (dal 2010 alla guida della Soprintendenza Archeologica), Salvatore Visone (ex presidente dell’Ordine degli architetti di Napoli e provincia), Claudio Borrelli (direttore amministrativo dell’azienda per il Diritto allo studio all’università di Caserta), Andrea Rea e Paolo Stabile (rispettivamente ex presidente ed ex dg della Mostra d’Oltremare di Napoli). Ai domiciliari anche il presidente della Fondazione Banco di Napoli, il professor Daniele Marrama, coinvolto nell’inchiesta per la sua attività professionale di docente di diritto amministrativo.

Nel mirino degli inquirenti sono finiti 18 appalti concessi tra il 2013 e l’inizio del 2016 da vari comuni del Casertano, come Alife, Francolise, Riardo, tra cui lavori per ristrutturazioni di importanti immobili storici; tra gli indagati soprattutto professionisti, come ingegneri e architetti componenti delle commissioni di gara nominate dai vari Comuni responsabili dell’affidamento dei lavori, che, secondo i magistrati della Dda di Napoli, finivano quasi sempre a poche ditte, alcune collegate al clan Zagaria.

L’indagine ruota attorno alla figura dell’ingegnere Guglielmo La Regina, anche per questo è stata denominata “The Queen“; lo stesso Gip parla di “sistema La Regina“. L’inchiesta rappresenta una tranche di quella che nel 2016 portò in carcere l’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Di Muro per presunta corruzione in relazione ai lavori dello storico palazzo Teti Maffuccini: anche allora furono arrestati La Regina e l’imprenditore Alessandro Zagaria a cui ora è stata notificata un’ordinanza bis.

In pratica l’inchiesta sulla tangente per la ristrutturazione di Palazzo Teti Maffuccini a Santa Maria Capua Vetere che sarebbe dovuto diventare un “Polo della legalità” perdendo invece per sempre i finanziamenti a causa delle ingerenze della camorra, si è rivelata un vaso di Pandora.

In particolare l’ex sindaco sammaritano Biagio Di Muro è ritenuto l'”anello di congiuntura” tra la politica e il clan camorristico dei Casalesi. Filo conduttore tra la prima parte dell’inchiesta e la retata di queste ore la “faccendiera” Loredana Di Giovanni, di Mugnano di Napoli. La donna è nota per aver portato voti a Sommese durante l’ultima campagna elettorale per le elezioni regionali. Il suo ruolo, emerge dalle indagini, sarebbe stato quello di consegnare tangenti ai politici per conto degli imprenditori. Dall’aprile dello scorso anno, momento in cui è finita ai domiciliari, sta collaborando con la procura.

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