Caserta

A Caserta ci si può anche laureare, ma per lavorare bisogna andare via

Presentati a Napoli, durante il 9° Congresso nazionale dei Consulenti del Lavoro appena conclusosi, i dati regionali del report “Le dinamiche del mercato del lavoro in Campania” realizzato dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro.

In termini assoluti nella classifica delle regioni italiane, la Campania è al terzo posto per numero di laureati e per numero di occupati laureati, ma al primo posto per numero di occupati laureati in una regione di residenza diversa da quella di iscrizione al corso di laurea. Se infatti si analizza il luogo di lavoro dei laureati campani, emerge che il 23% trova lavoro fuori regione di residenza.

La prima regione di destinazione, in termini di attrattività per i laureati campani, vista anche la vicinanza territoriale, è il Lazio (7%); al secondo posto troviamo la Lombardia (6%) e, al terzo posto, con il 3% troviamo addirittura nazioni estere che, nel 2015, hanno offerto una occupazione a circa 850 laureati campani.

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I dati disponibili sull’inserimento occupazionale dei laureati vengono rilasciati da Istat ogni quattro anni. L’ultima indagine realizzata riguarda i laureati del 2011 osservati a tre anni di distanza dalla data di laurea. Da questi dati la Campania, con 32.180 laureati, risulta essere il terzo bacino di laureati, a poche migliaia di distanza dal Lazio che occupa il secondo posto (32.326) e grande distanza dalla Sicilia che, con 23.871 laureati, occupa la quarta posizione. In testa alla classifica troviamo la Lombardia con 43.121 laureati, ma con una popolazione complessiva quasi doppia rispetto sia alla Campania che alla regione Lazio.

In conseguenza dell’alto numero di laureati, la regione Campania occupa anche il terzo posto per numero di laureati che hanno trovato lavoro a tre anni dalla laurea (22.008). In termini percentuali, tuttavia, si tratta solo dei 2/3 della popolazione laureata (68,4%), mentre il 78% gli iscritti residenti nella regione Lazio risultano occupati dopo tre anni e l’88% dei lombardi. Le difficoltà di inserimento occupazionale comporta che 7.546 laureati campani hanno trovato lavoro in un’altra regione.

Nel 2016 la provincia nella quale si registra la quota più elevata di popolazione occupata è Bolzano (72,7%), mentre quella con il tasso impiegatizio più basso è Reggio Calabria, dove risultano attive 37,1 persone su 100.

Il tasso di occupazione nazionale indica – è scritto nel report – che il 57,2% delle persone in età da lavoro è occupato nella Penisola, percentuale che, calcolata per le 110 province, mostra come sotto la media nazionale si trovino tutte le province del Mezzogiorno. In particolare, in quelle della Campania, meno della metà delle persone in età da lavoro è occupata (ad eccezione di Avellino con il 50,6%), con livelli emergenziali per Napoli (38,6%) e Caserta (38%) che nel 2016 detengono il quartultimo ed il terzultimo posto. All’ultimo posto la provincia di Crotone (28,3%), mentre quella con il tasso di disoccupazione più basso è Bolzano dove non ha trovato un posto il 3,7% degli attivi con più 15 anni.

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Va infine precisato che la rilevazione dell’osservatorio è partita dall’analisi demografica per valutare le leve generazionali che si affacceranno sul mercato del lavoro. In particolare la Campania è il bacino nazionale più ricco di futuri lavoratori. L’indice di vecchiaia (rapporto tra anziani e giovanissimi) ottiene non a caso nel 2016 i valori più bassi in Campania.

Nel 2016 la provincia con l’indice di vecchiaia più basso è Napoli (104) seguita da Caserta (105,9), le due province campane distaccano di 15 punti la provincia di Bolzano (119,9) che occupa la terza posizione, mentre quella con l’indice di vecchiaia più elevata è Trieste (254,4). La provincia di Salerno occupa la 14esima posizione (141,7) mentre le altre due province di Avellino e Benevento sono rispettivamente al 42esimo e al 57esimo posto, con valori più alti di quello nazionale.

La grande disponibilità di giovani generazioni nella regione Campania si traduce in parte anche in una alta quota di capitale umano altamente qualificato che può rispondere alle esigenze produttive e di sviluppo innovativo dell’economia italiana.

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