Approfondimento Politica

La protesta di associazioni, docenti universitari e giuristi contro il Testo Unico in materia di boschi e foreste

Il governo Gentiloni ha approvato il 16 marzo scorso il testo unico in materia di boschi e foreste. Si tratta di un decreto legislativo che ha suscitato le critiche di docenti universitari e di numerose associazioni e che, secondo alcuni giuristi, presenta profili di incostituzionalità.

Lo schema di decreto, approvato dal Consiglio dei Ministri, equipara i boschi che “hanno superato il turno” o che i proprietari non hanno tagliato negli ultimi quindici anni ai terreni agricoli abbandonati. Secondo gli esperti, ciò rappresenta un grave errore: i boschi, anche se gestiti dall’uomo, sono ecosistemi in grado di autosostenersi ed evolvere spontaneamente, mentre i terreni agricoli sono creati per mano dell’uomo e richiedono un apporto continuo di energia per rimanere tali. Questa equiparazione fa sì che le Regioni, secondo quanto stabilito dall’articolo 12 dello schema, possano disporre forme di sostituzione diretta o affidamento della gestione dei boschi incolti a imprese, consorzi, cooperative e altre forme associative, oppure ad altri soggetti pubblici o privati che potrebbero così disporne il taglio.

Tra gli obiettivi del decreto legislativo vi è la “gestione attiva” del patrimonio forestale, laddove, secondo gli esperti, sarebbe meglio lasciare libera la natura di autoregolarsi. Il concetto stesso di “gestione attiva” non è ben specificato e “questo apre la porta ad interpretazioni ampie e rende più vulnerabile la protezione dei boschi e delle foreste che sono patrimonio indispensabile della Nazione, perché custodi di biodiversità”, ha dichiarato Raffaele Lauria, presidente della sezione di Caserta del WWF.

Il decreto, inoltre, inserisce come ulteriore finalità quella di garantire la salvaguardia delle foresta, ma non la loro conservazione.

In maniera più chiara è espresso l’obiettivo di promuovere e tutelare l’economia forestale. Secondo l’associazione medici per l’ambiente questa dicitura nasconderebbe il vero obiettivo: “favorire in modo incondizionato e sistematico il taglio esteso di boschi ed aree fino ad oggi protette, per l’utilizzo delle masse legnose ai fini energetici nelle centrali a biomasse”. L’operazione Stige della Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri ha messo in luce come la ‘ndrangheta sia interessata al taglio dei boschi per le centrali a biomasse.

Tra gli interventi volti a compensare il taglio degli alberi il decreto prevede, all’articolo 8 comma 4, anche “altre opere, azioni o servizi di utilità forestale volti a garantire la tutela e valorizzazione socio-economica, ambientale e paesaggistica dei boschi”. Tradotto significa che il soggetto che ha abbattuto gli alberi, per compensare questo taglio, non è vincolato al rimboscamento, ma potrebbe realizzare anche altre opere a servizio del bosco, per esempio una strada o una struttura in muratura per i turisti.

Circa duecentocinquanta docenti universitari e ricercatori di enti pubblici in scienze botaniche, zoologiche , ecologiche, geologiche, ambientali e forestali hanno firmato e inviato un appello al Presidente della Repubblica a non firmare il decreto.

Dal punto di vista giuridico, secondo Paolo Maddalena, ex giudice della Corte Costituzionale ed oggi promotore dell’Associazione “Attuare la Costituzione”, il decreto presenta diversi profili di incostituzionalità. Contrasta con l’articolo 77 della Costituzione, che stabilisce che “il governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria”. La delega era stata concessa nella precedente legislatura dalle vecchie Camere. “Le nuove, recentemente elette, non si sono ancora riunite e non hanno dato alcuna delega al Governo e non si può pensare ad una proroga, non prevista in Costituzione, della delega conferita dalle precedenti Camere”, ha affermato il professore Maddalena. Questi sposa quindi la tesi secondo cui il governo Gentiloni dovrebbe limitarsi all’ordinaria amministrazione, mentre il decreto sui boschi e foreste è un provvedimento di straordinaria amministrazione, che non può essere adottato dopo lo scioglimento delle Camere che hanno conferito la delega.

Secondo Maddalena il decreto viola anche l’articolo 41 Costituzione che stabilisce che l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale considera i boschi e le foreste come beni giuridici di valore «primario» ed «assoluto» e la loro tutela è materia di competenza esclusiva dello Stato rientrando nella tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (articolo 117 comma 2 lett.s Cost.).  Secondo la Consulta, sullo stesso bene della vita, boschi e foreste, insistono due beni giuridici: un bene giuridico ambientale in riferimento alla multifunzionalità ambientale del bosco (il bosco è infatti custode di biodiversità e salvaguardia la nostra salute), ed un bene giuridico patrimoniale, in riferimento alla funzione economico produttiva del bosco stesso.

Il bene giuridico “utilità ambientale del bosco” spetta al Popolo a titolo di sovranità, mentre ai privati, proprietari di boschi, spetta soltanto la proprietà del “bene economico” che il bosco esprime. L’articolo 42 della Costituzione stabilisce che la proprietà privata ha come limite la funzione sociale. Ciò significa che l’utilizzo economico del bosco non può svolgersi contro la sua utilità ambientale.

(Francesco Capo)

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