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Pillole di Amarcord #14: A 40 minuti dal paradiso

In un periodo di isolamento ed emergenza, le pagine di un libro possono darci conforto. Ancora di più se raccontano la nostra storia cestistica e ci permettono di rievocare, insieme a loro, i momenti salienti della storia recente della Juvecaserta. Lo facciamo con alcuni estratti di ‘A 40 minuti dal paradiso’, il libro scritto nel 2010 da Sante Roperto e Camillo Anzoini.

Radivoje Korac era un campione jugoslavo morto a Sarajevo nel 1969 in un incidente stradale, fu anche miglior marcatore del campionato italiano con la Boario Padova e dopo la sua morte diede il nome, dal 1973 in poi, ad una storica competizione europea. La finale di Coppa Korac la Juvecaserta la centrò prestissimo, al suo secondo anno di A1, in un’edizione conclusiva tutta italiana che la opponeva al BancoRoma di De Sisti. Correva la stagione 1985-86 e l’allora Mobilgirgi avrebbe perso, sia in casa che fuori di pochissimi punti, la prima finale europea della sua giovane storia. Fu tradita dall’emozione all’andata, era il 20 marzo 1986, e sette giorni dopo il BancoRoma vinse di un punto portando a casa l’ambito trofeo. La città della Reggia, in quei giorni, fu capitale del basket europeo: si giocava l’andata di quella finale e due giorni prima, in un PalaMaggiò gremito di tifosi e giornalisti provenienti da tutta Europa, anche la finale di Coppa delle Coppe (poi vinta dal Barcellona sulla Scavolini Pesaro). In realtà, a proposito di finali perse, la debuttante Indesit Caserta di Tanjevic (l’assistente era Gigi Lamberti) una l’aveva già persa due anni prima, quando nel giugno del 1984 cadde per 80-78 nella finale di Coppa Italia. Vinse la Granarolo che ebbe la fortuna di giocare in casa l’atto conclusivo di una manifestazione che iniziava a settembre e durava quasi un anno, tra gironi eliminatori e quattro turni play off. Persa la finale di Korac nell’85-86 fu la volta anche della prima amarezza in finale scudetto quando gli uomini di Tanjevic, arrivati terzi in regular season, persero al cospetto della Simac Milano. Fu la famosa finale dell’assurda espulsione di Oscar per mano dell’arbitro Pinto, che finì per condizionare la prima gara della serie. Oscar era già ‘Mao Santa’ con 31,4 punti di media a partita.

Altra stagione e altra finale scudetto. Questa volta in panchina, come capo allenatore siede per la prima volta Franco Marcelletti che dopo un cammino play off senza fiato, perde la seconda finale consecutiva, sempre contro la Milano di Peterson. Le polemiche di questa serie (per la prima volta al meglio delle cinque partite) furono roventi: la Juvecaserta giocò la prima in casa perdendola, ma fu gara-3 a rendere incandescente l’atmosfera facendo infuriare persino il presidente Maggiò. Il match che assegnò definitivamente lo scudetto ai lombardi fu infatti deciso da un canestro di Barlow (col piede sulla linea, ma comunque dato da tre punti) e da un dubbio fallo di Gentile su D’Antoni (che fece 3/3 ai liberi), segnando una gara nella quale Caserta era stata anche avanti di 20 punti. Il primo successo però non tardò ad arrivare, quando nel 1988 fu vinta la Coppa Italia a Bologna contro la Divarese Varese e Nando Gentile da giovane capitano poté, al centro del parquet emiliano, alzare la Coppa a torso nudo (la maglia del capitano l’aveva presa uno dei mille tifosi casertani). Questa volta la fortuna diede una mano visto che ai varesini venne meno il centro Stefano Rusconi e, durante la finale, anche Dino Boselli. Finì 113-100 dopo un supplementare e 20 anni dopo il trionfo della Fides Napoli di Amedeo Salerno e Manfredo Fucile, la Coppa Italia tornò in Campania. Un omaggio al Presidente Giovanni Maggiò, scomparso proprio pochi mesi prima.

Un altro dispiacere nella terza e ultima finale di Coppa Italia arrivò l’anno successivo. Era l’aprile del 1989 quando la Knorr Bologna di Bob Hill (il vice era Ettore Messina) vinse la finale, ancora una volta sul proprio parquet, per 96-93 dopo un overtime nonostante i 41 punti di Oscar. La saga delle occasioni perse ha però vissuto la sua pagina più crudele ad Atene nel giorno della finale della Coppa delle Coppe. La Juvecaserta irrompe sul proscenio del basket europeo, dal girone vinto insieme al Real Madrid contro i francesi dello Cholet e gli israeliani dell’Hapoel Galil. Poi la semifinale al cospetto del colosso chiamato Zalgiris Kaunas. Arvydas Sabonis e il cecchino Marciulonis erano gli uomini di spicco di una delle potenze europee, che dovette cedere il passo nella bolgia di un PalaMaggiò stipatissimo, in una gara di ritorno che permise di ribaltare il -6 dell’andata ed approdare ad Atene. In finale la Snaidero a sette minuti dalla fine era sul -12, ma riuscì a rimontare agganciando gli spagnoli ad una manciata di secondi dal termine con una tripla di Oscar. Ma nel Real Madrid giocava il più popolare giocatore jugoslavo, Drazen Petrovic, e a dirigere la finale, insieme al greco Rigas, fu designato Kurilic, connazionale di Petrovic. Negli ultimissimi secondi, Petrovic perse palla, consentendo alla Juvecaserta di giocare l’ultimo pallone. Fu Gentile a tentare da otto metri il canestro della vittoria a pochi centesimi dalla sirena finale. Sul capitano casertano fu commesso un ingenuo fallo da Biriukov, ma gli arbitri decisero che il tempo era scaduto. Nell’overtime il Real vinse 119-113.

Al PalaMaggiò nei due anni successivi si cambiò molto, arrivando anche al doloroso divorzio da Oscar. Ma il traguardo più prestigioso arrivò lo stesso nel maggio 1991. Dalla stagione della promozione fino allo scudetto, i bianconeri hanno conquistato tre finali di Coppa Italia, una di Coppa delle Coppe e una di Korac, passando per tre finalissime scudetto. Ci si è fermati spesso a un passo dal paradiso, lasciando intatto l’orgoglio di aver raccolto molte vittorie, ma anche tante amarezze e qualche trofeo in meno in bacheca. La storia spesso riserva un destino strano, e anche nella recente rinascita bianconera l’ultimo grido è stato spesso strozzato in gola, al fotofinish è mancato il colpo di reni decisivo. È successo a Pavia nel 2007, nell’ultima gara di una stagione travolgente, ed è accaduto nel giugno del 2010 quando in gara-5 si è infranto il sogno di conquistare la quarta finale della storia casertana. Ad una sola vittoria dalla finale. Ancora una volta la favola bianconera si è fermata “a quaranta minuti dal paradiso”.

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