Cronaca Provincia di Caserta

Maxi blitz all’alba, 37 arresti: decimate le fazioni Schiavone e Bidognetti del clan camorristico dei Casalesi

I Carabinieri del Comando Provinciale di Caserta, a conclusione di una complessa e articolata attività investigativa coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Napoli, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare (in carcere ed agli arresti domiciliari) emessa dal Tribunale di Napoli – Sezione del Gip Isabella Iaselli – nei confronti di 37 soggetti, tra cui elementi di spicco del Clan camorristico dei Casalesi – fazioni SCHIAVONE e BIDOGNETTI.

Nell’arco di oltre tre anni di investigazioni, è stata accertata l’operatività delle citate fazioni documentando una pluralità di reati che sarebbe stata posta in essere da soggetti riferibili al consesso criminale casalese (fazioni BIDOGNETTI e SCHIAVONE), che, ad oggi, conserverebbe una struttura piramidale ben definita.

L’attività ha consentito di appurare, tra l’altro:

  • lo svolgimento di incontri tra esponenti di vertice delle citate fazioni criminali finalizzati a concordare il ripristino di una “cassa comune”, pur mantenendo la loro sostanziale autonomia nei termini operativi, economici e territoriali storicamente a loro appartenuti;
  • che un indagato avrebbe curato la pianificazione e la realizzazione delle dinamiche criminali della fazione SCHIAVONE al fine di attuare il controllo capillare del territorio ed il reperimento di somme di denaro indispensabili per il sostentamento del gruppo, affermandosi quale punto di riferimento non solo per gli affiliat,i ma anche per coloro che, sebbene non contigui al sodalizio, consapevoli della sua posizione di vertice, a lui si sarebbero rivolti al fine di giungere alla soluzione di controversie e dinamiche private;
  • che la fazione dei BIDOGNETTI:
  • sarebbe ancora organizzata su vincoli di sangue e guidata dai familiari più stretti dello storico capo clan Francesco Bidognetti, soprannominato «Cicciotto ‘e mezzanotte», da tempo detenuto in regime di 41-bis. In particolare il clan sarebbe stato gestito da uno dei figli (Gianluca Bidognetti, 34enne ultimogenito del capoclan), il quale, sebbene detenuto, avrebbe utilizzato telefoni cellulari illegalmente introdotti nella struttura carceraria – e rinvenuti con l’ausilio di personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria – impartendo ordini e direttive funzionali alla direzione della fazione e a promuovere le attività illegali eseguite da sodali liberi, arrivando a organizzare persino l’omicidio di un noto affiliato (Emilio Martinelli detto “Barone“), allo scopo di ridimensionare la sua ascesa criminale all’interno del clan. L’omicidio doveva essere eseguito da Vincenzo D’Angelo, coniugato con Teresa Bidognetti la quale poi convincerà in extremis il marito a non attuare l’agguato ordinato da Gianluca. Altre due figlie dello storico capoclan (Katia e la già citata Teresa Bidognetti, di 40 e 32 anni), in ragione della loro appartenenza alla famiglia, avrebbero invece continuato a percepire stabilmente somme di denaro, provento delle diverse attività delittuose;
  • eserciterebbe il controllo delle attività delle agenzie di onoranze funebri dell’agro aversano, in virtù di accordi criminali stretti già negli anni ’80, attraverso un “consorzio di imprese”, che è stato sottoposto a sequestro;
  • condurrebbe attività usuraie (con la cessione di somme di denaro in favore di imprenditori e cittadini, che, sebbene in condizioni di forte difficoltà economica, si sarebbero visti applicare tassi d’interesse finanche del 240%);
  • avrebbe avuto la disponibilità di armi attraverso le quali avrebbe espresso la propria forza intimidatrice per assicurarsi il controllo del territorio.

Oltre al reato associativo, a carico di esponenti delle due fazioni sono stati contestati anche altri reati quali estorsioni in danno di numerosi operatori commerciali (al fine di piegarne la volontà, un imprenditore sarebbe stato attinto alle gambe da colpi d’arma da fuoco), traffico di sostanze stupefacenti e contestuale controllo dell’attività di cessione di droga realizzato da terzi soggetti, che sarebbero stati costretti a versare denaro a esponenti del Clan per garantirsi la gestione delle piazze di spaccio.

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