Marcianise

Futuro a rischio per i 435 lavoratori della Ericsson di Marcianise

La vertenza delle lavoratrici e dei lavoratori della Ericsson di Marcianise è tra il drammatico e il grottesco. Il futuro lavorativo di 435 dipendenti è messo improvvisamente in discussione dall’apertura di una procedura di cessione di ramo di azienda da parte di Ericsson, che decide di cedere la sede di Marcianise alla multinazionale americana Jabil”. Lo afferma in una nota il circolo SEL (Sinistra, Ecologia e Libertà) di Caserta che si dice pronto a sostenere le lavoratrici e i lavoratori nelle loro mobilitazioni, sia con le proprie strutture territoriali e federali che con la rappresentanza parlamentare.

La decisione dell’azienda svedese ha colto di sorpresa i lavoratori. Tuttavia, sebbene il gruppo Ericsson sia in attivo a livello internazionale, i lavoratori si sono sempre mostrati disponibili a fare sacrifici per conservare il posto di lavoro sul territorio casertano, firmando spesso accordi con l’azienda. Ancora oggi – continua il comunicato di SEL – è in corso un accordo che vede 115 lavoratrici/lavoratori in CIGS, con uscite incentivate, con termine al 10 Giugno 2015. I dipendenti Ericsson speravano che questo sarebbe stato un ultimo sforzo per riconquistare una tanto desiderata tranquillità, portando la massa critica del sito di Marcianise attorno alle 300 unità, quota considerata adeguata dalla multinazionale svedese per i suoi siti produttivi.

Il futuro invece non è quello sperato: con la cessione di ramo d’azienda, la sede Ericsson di Marcianise sarà ceduta a Jabil mediante la formazione di una NewCo srl (molto più fragile finanziariamente dell’attuale forma di spa), che farà capo direttamente a Jabil Italia, con una totale assenza di prospettiva industriale, apparendo il corrente processo di cessione di ramo d’azienda come una sorta di anticamera della dismissione delle attività del sito.

La situazione è tanto più grottesca – si sottolinea nella nota – perché la Jabil è tristemente nota sul territorio nazionale per l’acquisto e successiva chiusura dello stabilimento di Nokia Siemens a Cascina de Pecchi dopo soli tre anni e per i 382 licenziamenti annunciati per la sua sede di Marcianise lo scorso anno, scongiurati solo poche settimane fa dopo una lunga mobilitazione che ha costretto i lavoratori ad accettare la riduzione del 50% della contribuzione e dei benefici derivanti dalla contrattazione di secondo livello.

La sensazione è che Jabil voglia perseverare nella sua azione di sciacallaggio nel mercato dell’elettronica per le telecomunicazioni in Italia, acquisendo le sedi di tutte le aziende del settore (anche Alcatel sembra nel suo mirino), per poi spogliarle del know­how e operare pesanti azioni di riduzioni dei livelli occupazionali.

Non possiamo più permettere – afferma SEL di Caserta – che un tessuto industriale, già devastato da una crisi lunga e feroce di cui non si vede la fine e dalla totale assenza di politiche industriali regionali e nazionali, vada ulteriormente sfilacciandosi perdendo un altro nome importante dell’industria internazionale come Ericsson. Non possiamo tollerare che si operino giochetti o avventure pseudo­industriali o finanziarie che vedano come uniche vittime le lavoratrici e i lavoratori del territorio casertano.

Non un solo posto di lavoro può andare perso in un territorio già profondamente martoriato da un tasso di disoccupazione insostenibile.

Negli ultimi anni il territorio italiano è diventato teatro di scorribande da parte delle multinazionali straniere che fanno quello che vogliono nel totale immobilismo delle Istituzioni regionali e nazionali, dalla Regione fino al Ministero dello Sviluppo Economico.

Non possiamo accettare – conclude SEL – che il divario e lo sbilanciamento tra Nord e Sud del Paese vada ulteriormente amplificandosi, permettendo la smobilitazione di interi distretti industriali sul territorio campano (e più in generale nel Mezzogiorno) verso le aree settentrionali della Penisola o in aree straniere a basso costo di produzione, con un’insanabile contraddizione perché, mentre il Governo Renzi contrae i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori con il Jobs Act in nome di un ritorno della fiducia degli investitori stranieri, gruppi industriali multinazionali, per decenni presenti sul territorio italiano, fanno i bagagli, raggranellano i loro investimenti e lasciano il Paese”.

 

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