Provincia di Caserta

Il Clan camorristico dei Casalesi sui videopoker del Lazio

I Finanzieri del comando provinciale di Roma, a seguito di un’indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Napoli-Dda hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip del Tribunale di Napoli, nei confronti di 15 soggetti per i delitti di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di beni, usura, estorsione, illecita concorrenza con minaccia e violenza, detenzione illegale di armi, delitti aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa e dalla metodologia mafiosa dell’azione.

Nel medesimo contesto è in corso l’esecuzione del sequestro di beni mobili e immobili, società e disponibilità finanziarie, per un valore stimato pari a circa 30 milioni di euro.

Le indagini – condotte dalle Fiamme gialle del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, Gruppo investigazione criminalità organizzata e dirette dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli – hanno consentito di raccogliere un quadro grave indiziario da consentire di ritenere come il sodalizio dei Casalesi, partendo dalla provincia di Caserta, fosse riuscito a garantirsi, con la forza dell’intimidazione mafiosa, la gestione monopolistica e violenta del settore della produzione, installazione, distribuzione e noleggio delle cosiddette macchinette mangiasoldi, nonché l’esercizio organizzato delle scommesse e del gioco, non solo in Campania, ma anche nel Lazio e in alcuni quartieri della città di Roma.

In particolare, Mario Iovine – persona collegata al sodalizio camorristico dei Casalesi, già condannata per analoghi reati – nel 2003 si trasferiva nella borgata romana di Acilia dove, secondo l’ipotesi accusatoria, creava, investendo proventi di attività criminose, anche grazie al qualificato apporto di persone residenti ad Acilia, una società attraverso la quale, con modalità violente, realizzava, in effetti, un monopolio nella distribuzione delle cosiddette macchinette mangiasoldi. Egli realizzava in tal modo gli scopi del sodalizio casertano, con un’ulteriore espansione delle sue attività economiche attraverso una sorta di ‘joint-venture’ tra esponenti di vertice della criminalità organizzata campana e ‘imprenditori’ di Acilia, a loro volta in contatto con esponenti della malavita laziale.

Lo sviluppo delle indagini consentiva ai finanzieri del Gico di ricostruire i ramificati investimenti nello specifico settore commerciale, permettendo l’individuazione di alcune attività imprenditoriali, operanti sulla piazza capitolina, strumentali al mantenimento economico e all’egemonia criminale del gruppo camorristico dei Casalesi.

Dopo l’arresto di Mario Iovine detto ‘Rififi”, avvenuto nel maggio 2008, i soci romani si distaccavano dall’organizzatore dei Casalesi iniziando a operare attraverso un loro gruppo associativo, creato a perfetta imitazione della consorteria criminale casertana e ricalcante le medesime modalità operative.

Parallelamente le persone collegate a Iovine – ancora attivo nel dare indicazioni dal carcere ai suoi familiari – mantenevano la gestione effettiva delle precedenti attivita’, anche quelle oggetto di sequestro e confisca, continuando a operare nella distribuzione delle macchinette mangiasoldi, curando però di rispettare i confini di Acilia, attesa l’avvenuta cessazione delle relazioni societarie tra casalesi e romani.

Le investigazioni hanno anche consentito di accertare che il gruppo romano, per mantenere ed estendere il suo potere criminale ed economico, si e’ avvalso di un braccio armato e violento, composto da un nutrito e pericoloso gruppo di cittadini albanesi, definiti ‘i pugilatori’, tra i quali spiccava un ex campione italiano ed europeo di boxe dei pesi medio-massimi.

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