Caserta

Leonilde Fappiano e la sua “realtà ingenua” alla Reggia di Caserta

Questo sabato 20 settembre, alle ore 17.00, nel salone di Rappresentanza della Pro Loco sito nella Reggia di Caserta, avrà luogo l’inaugurazione della mostra personale di pittura dell’artista Leonilde Fappiano dal titolo “La realtà ingenua”.

Alla cerimonia di inaugurazione, presenziata dal Presidente della Pro Loco ing. Carlo Roberto Sciascia, parteciperà l’arch. Vega de Martini della Soprintndenza di Caserta.

Questa personale dell’artista Leonilde Fappiano – ha affermato il Presidente della Pro Loco di Caserta – apre, dopo la pausa estiva, le attività culturali della Pro Loco di Caserta, che con il suo contributo propositivo ed organizzativo prosegue in un’azione a tutto campo in grado di stimolare le potenzialità artistiche di Terra di Lavoro e di proporre eventi ed iniziative culturali a livello nazionale ed internazionale. La mostra in questione offre la possibilità di conoscere un’artista del territorio che riesce a coniugare la fresca delizatezza cromatica con un’espressività incisiva e coinvolgente.

Leonilde Fappiano – precisa Carlo Roberto Sciascia – rappresenta il mondo filtrato dalla sua visione della vita, si libera dai condizionamenti imposti dalla razionalità e interpreta la realtà mediante il linguaggio figurativo dei bambini, privo di ogni influenza sociale e/o ambientale; questa intima condizione atipica, sorretta dal sentimento e dalla sensibilità ingenua e sognante, le permette di accedere da un’espressività dal tocco delicato e fine, vista con un luminoso colorismo che impone alla chiarezza spaziale una soffusa e sottile bellezza. Sa conservare l’espressività integrale e l’originale dell’immagine e percepire l’essenza ed il carattere del mondo circostante, trasferito in un paesaggio spirituale dalla semplicità e dalla schiettezza rassicurante. Nelle sue opere fiori sgargianti ed animali, alberi dai rami rigogliosi o contorti ma volti verso l’alto, calmi corsi d’acqua si affiancano all’uomo ed al suo lavoro, mentre i residui dell’anima infantile fanno risaltare tutti gli elementi migliori, quelli più veri e schietti, seguendo il segreto “spiritus rector” delle azioni essenziali ed accogliendo nella memoria solo “cose” dai contorni ben precisi. Nella sua visuale psicologia del mondo la spontaneità e la grazia ingenua dell’istinto vitale offre la possibilità di far emergere il profondo supportato da una fantasia immaginosa, anche se viene proposta una realtà oggettiva.

Solo così – conclude Sciascia – la visione dell’artista diventa un “pensiero astratto ma vero”, che va alla ricerca dei significati semplici ma esistenziali ai quali riferirsi … e tutto si ammanta di un sognante velo che non riesce a celare la bellezza della vita”.

L’artista napoletana, dopo una lunga pausa durante la quale a proseguito nella sua accezione della realtà in continua evoluzione, si “rimette” in gioco con questa mostra, che ha quale prologo una citazione di Marcel Proust: «Questo fenomeno che voi chiamate pittura naive, non è altro che il sogno di un sogno, ricordatevelo. E allora perché non sognare».

E, a tal riguardo, l’arch. Vega De Martini, nella sua prosentazione della mostra, ha affermato: “Questa è l’opinione di Proust, quello di <La Recherche du temps perdu>, intellettuale dei più raffinati degli inizi del Novecento, in contatto con la migliore <intelighentia> parigina, amante della musica e dell’arte. Ed è proprio a Parigi, tra la fine del secolo XIX e gli inizi del secolo successivo, che nasce, con Henri Rousseau il Doganiere (1844-1910), il fenomeno dell’arte <naive> che si caratterizza per una primigenia spontaneità, ponendosi al di fuori di ogni movimento figurativo allora in auge, e per una visone della realtà, talora ingenua, talora disincantata, talora sognante, appunto. Data al 1884 – appena due anni prima di quel fatidico 1886 che vide in contemporanea l’ultima mostra degli impressionisti e la pubblicazione del manifesto simbolista – l’ingresso ufficiale nel mondo dell’arte di Rousseau che fino ad allora era stato impiegato, e per molti anni, presso l’Amministrazione Doganale. Il suo successo, sponsorizzato da intellettuali e critici del calibro di Alfred Jarry e soprattutto di Guillaume Apollinaire, fu immediato. Convergeranno nell’ammirazione per il pittore neofita, praticamente autodidatta, sia i neoimpressionisti (meglio definibili come postimpressionisti) ed i simbolisti come Gauguin, Signac, Redon, sia i rappresentanti delle avanguardie artistiche contemporanee come Kandinskij, Delaunay e Picasso. Di fatto l’opera naive (ingenua) del Doganiere conquistava i primi per la sua valenza postimpressionista, per la monumentalità, l’esotismo e la suggestione delle sue creazioni; interessava i secondi per la sua ingenuità, la sua goffaggine da arte popolare, il suo antiaccademismo. Tutti elementi proposti da Apollinaire quale manifesto della ribellione nei confronti dell’arte fatta ancora secondo canoni tradizionali. Dopo l’esordio di Rousseau il termine <naif> sviene attribuito comunemente dalla critica a quei pittori autodidatti, definiti di volta in volta neoprimitivi, pittori popolari della realtà, artigiani del sogno. Una definizione quest’ultima che si attaglia perfettamente alla personalità di Leonilde Fappiano . Ma non c’è dubbio  – conclude Vega Martini  – che, anche per Leonilde, come per tutti i <naifs>, è il mondo interiore il soggetto dell’arte che è realtà più concreta del mondo reale: quasi tutto è fuori posto, fuori prospettiva ed in libertà nel suo coloratissimo, sognante ed ingenuo – ma nello stesso tempo emozionalmente intensissimo – cosmo da fiaba”.

La mostra proseguirà fino al 4 ottobre c.a., con il seguente orario: ogni giorno 9.30 – 12.30, martedì escluso o su appuntamento (Novelli A. 0834/27 74 28 – C. R. Sciascia 338/79 22 753).

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